Così parlò Arnold Jacobs

Bruce Nelson
Così parlò Arnold Jacobs [Also sprach Arnold Jacobs]
Guida allo svoluppo dei musicisti di strumenti a fiato
Polymnia Press
Traduzione italiana di Andrea Conti
108 pagine in formato A4,   € 19,50.


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Recensione di Daniel Canarutto - 5 settembre 2010

Il titolo tedesco del testo originale in inglese richiama Also sprach Zarathustra, a sottolineare, suppongo, il ruolo di caposcuola che a Jacobs viene riconosciuto. In realtà egli non intese fondare un metodo "ufficiale", né lasciò scritti sistematici (a parte alcuni studi, che qui sono riportati nell'appendice A). Come viene sottolineato nell'introduzione, il suo metodo di insegnamento si basava sul rapporto diretto con gli allievi, a ciascuno dei quali adattava le sue idee per affrontare i problemi individuali. Dalle testimonianze, dagli appunti e dalle registrazioni emerge tuttavia un'insieme di nozioni di base che formano una "filosofia" coerente e originale. È naturale dunque che alcuni allievi abbiano sentito il bisogno di preservare e divulgare l'essenza di quegli insegnamenti. A parte i ricordi personali e le molte ore di registrazioni delle masterclass (che non sarebbe semplice mettere a disposizione del pubblico), ciò che rimane è soprattutto una messe di citazioni, perle di saggezza, molte delle quali potrebbero essere considerate veri e propri aforismi. La sfida affrontata da Bruce Nelson, a mio avviso con successo, è consistita nel cercare di ordinare questo materiale sparso con il minimo di adattamenti, quasi una giustapposizione di citazioni, ma in modo da costruire un discorso coerente. Ne emerge così, in effetti, la filosofia di fondo di Jacobs, il suo approccio alla musica e all'insegnamento. Nelson, tuttavia, non considera una lettura "di volata" come la maniera migliore di utilizzare il testo; consiglia invece di tenerlo come riferimento, di leggere e meditare un paragrafo, un capoverso o anche una singola frase per volta, quali spunti e suggerimenti per affinare il proprio metodo di studio.

Personalmente, ritengo che tenere presente l'insegnamento di Arnold Jacobs sia quasi un obbligo per gli strumentisti di ottoni; ciò vale, ovviamente, per gli entusiasti della scuola di Chicago, ma anche per coloro che abbiano riserve su di essa: a tutti sarà utile meditare sulle idee contenute nel libro (magari per rielaborarle, o contestarle).

La materia viene presentata suddivisa secondo alcuni "temi" principali, corrispondenti ad altrettanti capitoli del libro: I. Concetti fondamentali per lo sviluppo - II. Controlli mentali - III. L'imboccatura vibrante - IV.  Respirare - V.  Articolare - VI. Studiare ed Eseguire. Non si tratta di una suddivisione dettata esplicitamente da Jacobs, e diverse citazioni si possono ritrovare in forma più o meno variata in capitoli differenti, ma potrà comunque essere utile soprattutto a coloro che vogliano (per così dire) consultare il Maestro riguardo a particolari problemi.

Avevo una precedente conoscenza delle idee di Jacobs, derivata principalmente dalle molte lezioni che ho fatto con Luca Benucci (che è stato suo allievo); questa lettura mi permette di mettere meglio a fuoco vari aspetti, e vorrei provarmi a entrare un po' più nel merito delle questioni (pur senza alcuna pretesa di completezza).

La maggior parte degli strumentisti assocerà subito il nome di Jacobs alla respirazione, vista quasi come l'aspetto centrale del suonare, e all'uso, da lui introdotto, degli spirometri e altri marchingegni per esercitare il respiro (questi oggetti, e le modalità basilari per il loro utilizzo, sono trattati nell'Appendice B del libro). Mi sembra che il punto di partenza sia piuttosto un altro: l'esigenza di aiutare l'allievo a superare abitudini radicate e atteggiamenti mentali che ne ostacolano il progredire, e il riconoscimento di quanto sia problematico raggiungere questo risultato mediante istruzioni dirette ed esplicite di carattere fisico (a questo proposito noto che sembrano esserci interessanti somiglianze tra alcune idee di Jacobs e le nozioni basilari della Tecnica Alexander e del Metodo Feldenkrais, anche se ovviamente non è questa la sede per una discussione più approfondita in merito).

Il punto centrale sembra essere allora che si dovrebbe evitare i tutti i modi, soprattutto nel suonare, di fare attenzione agli aspetti propriamente fisici della nostra attività: quali muscoli azioniamo, come è formata l'imboccatura, eccetera. Per la loro complessità questi aspetti, dice Jacobs, non sono controllabili coscientemente dallo strumentista, e anzi qualsiasi tentativo in tale senso ha conseguenze negative (idea che anche da altri viene spesso sintetizzata con il noto aforisma "analisi = paralisi"). Si suggerisce invece focalizzare l'attenzione sul suono che vogliamo ottenere e sul discorso musicale; nel suonare, dice Jacobs, non dobbiamo stare a porci domande su quello che facciamo, dobbiamo invece avere un atteggiamento mentale "affermativo". Solo in questo modo la mente inconscia potrà assumere il controllo del corpo, facendo sì che questo faccia le cose "giuste" per ottenere i risultati voluti. L'eventuale esaminare e provare gli aspetti fisici dovrà essere separato dal suonare vero e proprio. Un suggerimento abbastanza curioso, per superare certi blocchi, è quello di suonare facendo cose insolite, come camminare, alzarsi eccetera (ricordo che una volta Luca Benucci mi fece suonare sdraiato su un tavolo, e ciò ebbe subito dopo degli effetti positivi).

A momenti la lettura di queste pagine potrebbe quasi dare un'impressione di posizioni "fondamentaliste": dopo tutto, molti maestri danno in una forma o un'altra istruzioni di carattere fisico, ed è dificile pensare di poter eliminare completamente la consapevolezza corporea e l'attenzione a come ciò che facciamo influisce sul suono. Ma ecco che lo stesso Jacobs mitiga un po' l'interpretazione "estremista": nel capitolo III, per esempio, afferma (se non ho capito male) che l'85% dell'attenzione deve essere rivolto al canto piuttosto che agli aggiustamenti delle labbra; coerentemente con il suo pensiero, comunque, suggerisce che lo studio dell'imboccatura debba essere fatto in prevalenza separatamente dallo strumento, e assegna grande importanza al buzz con il bocchino. Dobbiamo anche ricordarci il contesto in cui sono state pronunciate queste frasi, che non è quello di un'enunciazione di una teoria, ma quello delle lezioni a singoli allievi, ai quali Jacobs cercava di far superare delle difficoltà; possiamo immaginare che nella maggior parte dei casi, in effetti, l'origine dei problemi stesse proprio nelle cause che lui aveva individuato, e ciò è in sostanza dimostrato dall'efficacia del suo insegnamento (inoltre gli allievi suonavano strumenti differenti, per cui si può dire che Jacobs abbia trovato un "denominatore comune" degli ottoni).

Ci sono altri momenti in cui Jacobs entra nel dettaglio di questioni che hanno a che fare con la consapevolezza corporea, per esempio a proposito della postura, dell'articolazione, e soprattutto a proposito della respirazione; una grande varietà di suggerimenti mira allora a indicare delle procedure il più possibile indirette, che permettano di superare le difficoltà in maniera "creativa". L'aspetto della respirazione, in particolare, si inserisce naturalmente in tutto questo discorso; e poiché Jacobs è stato, senza alcun dubbio, un pioniere e un innovatore in questo campo, ritengo che non sia possibile prescindere dal suo insegnamento. Per averlo presente, probabilmente non c'è modo migliore del tenere questo libro a portata di mano.

Per finire vorrei esprimere un apprezzamento per il lavoro di traduzione svolto da Andrea Conti, che ha prodotto un testo in buon italiano scorrevole (per quanto possibile data la struttura particolare del materiale di partenza). Avendo fatto io stesso varie traduzioni dall'inglese, mi rendo conto della cura che vi ha dedicato.